I Apologise, Offended Innocence
Filippo Mollea Ceirano (2025)
(exhibition text for Franko B: I Apologise - Palazzo Lucarini Contemporary, Trevi (2025))
language: English [translation] / Italian [original]
There is a common, unifying element in Franko B's research that links his works and makes them distinctive and recognizable even when, as often happens, they are created with very different techniques and means of expression: they are images, sensations, and suggestions drawn from personal memories and collective experiences that become testimonies to the distortions, violence, and contradictions of a society that is unconcerned about offending the very human traits it should defend. It is to these hypocrisies that, with imagination and the sharing of emotions, one can try to react, building a critical conscience on the one hand and nurturing the ability to create better contexts on the other.
The problem is that in recent times, faced with this, the art system has seen fit to retreat into its own specialized, separate, and alienating microcosm, a sort of happy garden in which to consume the idea of freedom, thought, awareness, and intelligence that is precluded in the real world. This is where Franko's work makes no concessions, allows no ambiguity.
The exhibition "I Apologise," held at Palazzo Lucarini in Trevi, addresses the complex theme based on this approach, focusing primarily on one of the most aberrant aspects of contemporary life: submission, the violation of the weakest, the defenseless.
The title, literally "I apologize," draws on a text by the artist himself, a text both poetic and dramatic, often serving as verbal support for performative moments: it is the expression of the subjugated individual, deprived of any possibility of choice but burdened with the responsibility for everything and its opposite. It is the perfect mental prison, the one that organizations, institutions, education, and cultural conditioning construct around us from childhood: for whatever it is, we are the ones who are at fault, we are the ones who must assume responsibility, even those we do not have, who must make amends.
The exhibition unfolds around this concept. The expressive languages are varied, differing depending on the moments and devices on which attention is focused. Images, words, sounds, and forms each find the most effective tool to touch the raw nerve.
Through short sentences, the entire contemporary art system, subservient and dominated, is explicitly, by name, sent "fuck off," without half measures. This is done in the most direct, crude, and unsightly way possible, through a series of cardboard panels on which, in rather basic block letters sewn with red wool thread, the word "fuck" precedes the names of the most important contemporary figures and institutions.
The same technique of sewing with colored wool is also used for works created on old clothes, such as nightgowns, tunics, underwear, sweaters, and children's clothes: images of child soldiers, armed guerrillas, wounded bodies, or even controversial and contradictory moments of intimacy, or brief written warnings that evoke the difficult reality of our times, often erased or diluted by regime rhetoric.
In this exhibition, the synergy between the works on display and the texts they reference highlights one of the recurring characteristics of Franko B's research: the ongoing dialogue between personal experience and collective and social events, the historical context in which one operates. It is therefore neither an autobiographical narrative nor a documentary collection of socio-political content; What is missing is a narrative thread, a construction around an idea, a static point of view, a specific vision, but rather a set of memories, images, wounds, evocations of emotional states, whose primary objective is not to offer itself to an external reading, but rather to seek empathic involvement through a testimony in which emotion counts much more than representation.
language: English [translation] / Italian [original]
I Apologise, l’Innocenza Offesa
Filippo Mollea Ceirano (2025)
C’è nella ricerca di Franko B un elemento comune, unificatore, che lega le sue opere l’una all’altra e le rende peculiari e riconoscibili anche quando, come spesso avviene, sono realizzate con tecniche e mezzi espressivi molto differenti: sono immagini, sensazioni, suggestioni tratte dalle memorie personali e dalle esperienze collettive che divengono testimonianze delle storture, delle violenze, delle contraddizioni di una società che non si preoccupa di offendere quei tratti umani che dovrebbe difendere. È a queste ipocrisie che con l’immaginazione, con la condivisione di emozioni, si può pensare di reagire costruendo una coscienza critica da un lato e alimentando la capacità di costruire contesti migliori dall’altro.
Il problema è che nei tempi recenti davanti a ciò il sistema dell’arte ha pensato bene di ripiegarsi in un proprio micro-cosmo specialistico, separato e straniante, in una sorta di giardino felice in cui consumare l’idea di libertà, di pensiero, di consapevolezza e di intelligenza che nel mondo reale è preclusa. È su questo che il lavoro di Franko non pratica sconti, non ammette ambiguità.
La mostra I Apologise, allestita negli spazi di Palazzo Lucarini a Trevi affronta il tema nella sua complessità sulla base di questo approccio, concentrando l’attenzione soprattutto su uno degli aspetti più aberranti del contemporaneo, e cioè la sottomissione, la violazione del più debole, dell’indifeso.
Il titolo, letteralmente “chiedo scusa”, riprende uno scritto dello stesso artista, un testo insieme poetico e drammatico, che serve spesso da supporto verbale a momenti performativi: è l’espressione dell’individuo assoggettato, privato di ogni possibilità di scelta ma caricato della responsabilità di tutto e del contrario di tutto. È la prigione mentale perfetta, quella che enti, istituzioni, educazione e condizionamento culturale ci costruiscono intorno fin da bambini: per qualunque cosa, siamo noi in torto, siamo noi a doverci assumere comunque le responsabilità, anche quelle che non abbiamo, a dovere fare ammenda.
Intorno a questo concetto si sviluppa la mostra. I linguaggi espressivi sono svariati, differenti a seconda dei momenti e dei dispositivi su cui si vuole concentrare l’attenzione. Immagini, parole, suoni, forme, trovano di volta in volta lo strumento più funzionale a toccare il nervo scoperto nel modo più efficace.
Attraverso brevi frasi l’intero sistema dell’arte contemporanea, asservito e succube, viene esplicitamente, nominativamente, mandato “a quel paese” senza mezze misure. Viene fatto nel modo più diretto, rude e antiestetico possibile, attraverso una serie di pannelli di cartoncino su cui, con caratteri in stampatello piuttosto elementari cuciti con un filo di lana rossa, la parola “fuck” precede i nomi delle più importanti figure e istituzioni contemporanee.
La stessa tecnica della cucitura con lana colorata è anche utilizzata per le opere realizzate su vecchi abiti, come camicie da notte, tuniche, biancheria, maglie e vestiti di bambini: immagini di bambini-soldato, guerriglieri armati, corpi feriti o anche controversi e contraddittori momenti di intimità, oppure brevi moniti scritti che evocano la difficile realtà dei nostri giorni, spesso rimossa o diluita nella retorica di regime.
In questa mostra, dalla sinergia tra i lavori esposti e il testo a cui rimandano, emerge così quella che è una delle caratteristiche ricorrenti nella ricerca di Franko B, e cioè il continuo dialogo tra l’esperienza personale e le vicende collettive, sociali, il contesto storico in cui ci si muove. Non si tratta quindi né di un racconto autobiografico, né di una raccolta documentaristica di contenuto socio-politico; manca un filo narrativo, una costruzione intorno a un’idea, a un punto di vista statico, a una visione specifica, ma piuttosto un insieme di memorie, immagini, ferite, evocazioni di stati emotivi, il cui obbiettivo principale non è di offrirsi a una lettura dall’esterno, ma piuttosto ricercare il coinvolgimento empatico attraverso una testimonianza in cui l’emozione conta molto di più della rappresentazione.
exhibition:
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• I Apologise
Palazzo Lucarini Contemporary, Trevi (2025)
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